Opere 1989-1992

Marinella Caputo

Il fiume Pattolo, presso il monte Tmolo, salvò con le sue acque il re Mida, ricevendo l’oro come effetto di un’abluzione purificatoria.
Il fatto che noi ricordiamo il fiume per le sue acque dorate, non deve farci dimenticare che la preziosa sostanza è in realtà una scoria di cui ci si è liberati.
Il re Mida, infatti, sul punto di morire di fame e di sete, si era scoperto prigioniero di un incantesimo causato dal suo stesso desiderio. L’intervento di Dionisio pone fine all’infelicità del re, e il tocco magico che trasforma tutto in oro viene annullato con
l’immersione nel fiume.
Un dipinto, rarefatto e prezioso, si è ispirato alla catarsi di Mida, producendo in un ritmo sinuoso la materia fluida e liberatoria che ha il potere di accogliere e sciogliere.
Portando da questa favola greca, proporrei di individuare nell’azione del fiume la chiave di lettura per l’opera pittorica di Maria Teresa Romitelli.
Nel quadro citato, l’azzurro smaltato del fondo contiene la tarsia mobile dell’oro che scorre filamentoso in superficie.
Le due materie si oppongono e si intrecciano, ma è l’acqua che finisce per assorbire l’oro, risultandone trasformata.
Tutta la produzione dell’artista rivela la presenza di questa polarità, laboriosamente risolta e conciliata.
Il rapporto di opposizione tra oro ed acqua viene assunto per indicare la dialettica tra civiltà e caos primordiale, che nella sfera del sensibile si traduce in elemento ordinatore e impulso incontrollato. La soluzione visiva di questa duplicità si concretizza in una pittura materica che affiora inequivocabile tra le discipline geometriche che la organizzano.
Il risultato non è però l’affermazione di una tensione irrisolta, quanto, piuttosto, una compenetrazione che reca soltanto una traccia labile della polarità che l’ha ispirata.
È quanto emerge da un’opera come “Naturae”, in cui l’elemento ovale, forma simbolica della vita, viene inscritto in una evanescente tessitura geometrica che organizza una parete grezza e dilavata, divenuta sfondo.
In altri casi alle semplici geometrie si sovrappone la presenza dell’oro, motivo ricorrente nell’interpretazione poetica dell’artista, che può tingersi di una vena malinconia (“Saturnia Tellus”), vitalistica (”Gli orti del Sole”) o inquietante (”Torre di
Babele”).
La materia non deve ricorrere necessariamente ad una forza distinta in grado di trasformarla. L’elemento che scatena lo squilibrio, prima di realizzare l’armonia, è presente all’interno della stessa materia. Così la sostanza rude ed informe procede,
muta la propria consistenza, si sublima e si degrada in un continuo rimando.
Un muro grezzo può assottigliarsi fino a divenire carta increspata e le sagome evanescenti di una presenza che affiora, possono scomparire nella parete che avanza.
La consapevolezza costruttiva del “Polittico” sposta la ricerca sulla dialettica dei materiali. La preziosità tardo-gotica degli effetti smaltati o meccati viene attenuata dalla presenza di un medaglione mobile in plexiglass e da fili tortili di plastica.
Ancora una volta gli elementi dissonanti di passato e presente non riescono a creare stridore, ma si compongono in una nuova e più vitale armonia.
N el “Volo di Icaro” il referente aneddotico del mito è interpretato come linee di forza ascendenti e discedenti, tradotte nei tasselli n i triangolari delle frecce, memori delle aeree geometrie di Klee. Le direzioni opposte non indicano sequenzialità, ma
sono simultaneamente presenti, come spinte che agiscono nell’immaginario epossono venir riassorbite soltanto nel ritmo fluido della trasformazione.

1992

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